Il quartetto di Svevo

Dettaglio del violino di Italo Svevo, [Trieste], Museo Sveviano
Dettaglio del violino di Italo Svevo, [Trieste], Museo Sveviano

Svevo non si limitava ad esercitarsi al violino da solo, ma trovò un posto di secondo violino in un quartetto di buoni dilettanti con il quale poté divertirsi a suonare musica classica per quartetto.

Ma dal violino io trassi delle soddisfazioni che sole potevano legarmi ad esso per quasi vent’anni. A Trieste potei organizzare un quartetto di dilettanti, dal violoncello di prim’ordine, il primo violino un ottimo lettore, la viola un musicista di gusto. Il secondo violino (io) era il più laborioso e il più disgraziato. C’era un grande affetto fra’ quartettisti, tant’è vero che quando io stonavo e perciò tutto il quartetto strideva come un’adunanza di serpenti, nessuno guardava me. Io mi ripiegavo su me stesso e da vera serpe cercavo la mia coda per cacciarvi i denti e punirmi. Gran bella cosa l’amicizia!…
Ricordate – ve ne prego – che per ragioni varie gli altri tre strumenti sono sempre a galla, la viola e il violoncello per il loro suono e il primo violino perché la luce del riflettore è tutta proiettata su lui, mentre il secondo violino lavora per integrare gli altri e nessuno di lui s’accorge se non è sporco, malsicuro, aritmico nel quale caso si vede e si sente…Ma in ogni quartetto c’è un dato istante in cui la povera talpa deve, almeno per qualche battuta, prendere il primo posto e condurre gli altri. È lasciato solo. Tutta l’esecuzione è affidata a lui. La luce piena lo abbacina, lo spaventa, e non bisogna stupirsi che proprio quando gli si domanda di fare il massimo sforzo egli miseramente fallisca. Ed io proponevo di fabbricare quell’uomo in legno e ferro. Se gli dò l’anima è proprio quella che l’addurrà al sicuro colpo apoplettico. Dopo letto il mio compito i miei compagni si fecero più miti. Fu un vero successo letterario.
A Londra, nel sobborgo, la mia musica era più bassa. M’ero associato ad un operaio del cantiere di Woolwich e a un bottegaio di Charlton. Ci trovavamo solo la Domenica. Eravamo tutt’e tre dei violini e passammo ogni qualità di musica ridotta per tre violini. Io vi facevo il primo violino e, non per dire male dei miei cari vecchi compagni, meritavo quel posto. Figuratevi che cosa potessero essere gli altri.
Soggiorno londinese, 1926 –

 

Lionello Levi, viola. Nella foto il secondo in alto da sinistra.
Lionello Levi, viola. Nella foto il secondo in alto a partire da sinistra

 
Oscar Danese, violoncello
Oscar Danese, violoncello

Nel 1915 scoppia la prima guerra mondiale e Svevo si trova solo in una Trieste abbandonata. I suoceri si sono trasferiti e la fabbrica è stata confiscata. Non gli restano altro che il riposo e le sue vecchie passioni, cioè la lettura e lo studio del violino, ma senza il suo amato quartetto:

Dettaglio
Dettaglio

Per non parlare più di musica dirò che la guerra distrusse il nostro quartetto come tante altre cose. Era forse una cosa troppo vana per resistere nei nuovi tempi. Ve ne sono altre vanissime che nacquero ma le vecchie andarono via. Durante la guerra però se non avevo il quartetto, avevo la speranza di averlo a guerra finita e si può dire che io accompagnai tutta l’orrenda tragedia dei miei suoni aritmici e stonati.
Soggiorno londinese, 1926 –

E’ in questo periodo che Svevo riprende a scrivere e nel 1919 inizia la stesura della Coscienza di Zeno che pubblicherà nel 1923, come scrive in una lettera a Giuseppe Prezzolini:

A 36 ebbi la fortuna di entrare in un’impresa industriale della quale faccio parte tuttora. Fino allo scoppio della guerra la­vorai molto, precipuamente dirigendo degli operai a Trieste, Mu­rano (Venezia) e Londra. A 30 pubblicai Una Vita e a 37 Seni­lità. Poi risolsi di rinunziare alla letteratura ch’evidentemente at­tenuava la mia capacità commerciale e le poche ore libere dedicai al violino, pur d’impedirmi il sogno letterario. La guerra mi tolse gli affari e probabilmente fu causa il lungo riposo che, nel 1919. mi misi a scrivere La Coscienza di Zeno che pubblicai nel 1923.
–  ITALO SVEVO, a Giuseppe Prezzolini, Trieste, 2 dicembre 1925 –