La statua bronzea di Umberto Saba, posizionata nel 2004 all’incrocio di Via Dante con Via San Nicolò, raffigura il poeta mentre si avvia verso la sua Libreria Antiquaria, poco distante. La statua è opera dell’artista Nino Spagnoli che l’ha realizzata ispirandosi ad una foto di Federico Patellani (1911-1977), uno dei migliori fotografi del dopoguerra, che ritrasse Saba a Milano in diversi scatti fotografici.
La targa ai piedi della statua riporta il verso della poesia Avevo del 1944:
Avevo una città bella tra i monti
rocciosi e il mare luminoso. Mia
perché vi nacqui, piú che d’altri mia
che la scoprivo fanciullo, ed adulto
per sempre a Italia la sposai col canto
Vivere si doveva. Ed io per tanto
scelsi fra i mali il piú degno: fu il piccolo
d’antichi libri raro negozietto.
Tutto mi portò via il fascista inetto
ed il tedesco lurco.
– UMBERTO SABA, Avevo, 1944 –
La statua ha subito negli anni ripetuti danni da parte di vandali che hanno più volte rubato la pipa, tanto che il comune ha deciso di non rimetterla.
La vita
Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, nacque nel 1883 da Ugo Poli e Felicita Rachele Cohen, di confessione ebraica. Il padre si convertì alla fede ebraica, ma abbandonò la moglie poco prima della nascita del figlio. L’abbandono segnò profondamente l’infanzia di Umberto, che soffrì per la mancanza del padre e decise in seguito di cambiare il cognome, prendendo lo pseudonimo di Saba.
Un altro trauma colpì il poeta all’età di tre anni, quando la madre lo staccò bruscamente dall’adorata balia Peppa, che lo aveva cresciuto come un figlio. La sofferenza del distacco diventò più tardi oggetto della raccolta Il piccolo Berto del 1926. Dopo studi irregolari, nel 1903 Umberto si iscrisse all’università di Pisa, dove si stabilì e dove iniziò a comporre semplici poesie, poi raccolte nella prima parte del Canzoniere (1900-1907). In questo periodo si ammalò di una forte depressione, dalla quale non si libererà per tutta la vita. Nel 1905 si trasferì a Firenze, dove conobbe e sposò Carolina (Lina) Wölfler, dalla quale ebbe nel 1907 una figlia, Linuccia.
Le pubblicazioni di quegli anni sono Poesie (1910), Coi miei occhi (1911) e Trieste e una donna.
Dopo una grave crisi coniugale, si riconciliò con la moglie e nel 1913 si trasferì con la famiglia a Bologna e dopo un anno a Milano.
Gli anni della prima guerra mondiale videro Saba attivo sul fronte a favore di Mussolini, ma l’esperienza gli causò forti crisi depressive con il conseguente ricovero all’ospedale militare di Milano nel 1918.
Nel 1919 la famiglia Saba rientrò a Trieste, dove il poeta acquistò una libreria antiquaria, che rinominò Libreria antica e moderna; nel 1921 pubblicò a sue spese la prima edizione del Canzoniere, che continuerà ad arricchire per tutta la vita.
Nel 1923 iniziò le sedute con lo psicanalista Dott. Weiss, che portò per primo in Italia il metodo della psicanalisi di Freud.
Nel 1938 lasciò Trieste e si trasferì a Parigi per fuggire alle leggi razziali contro gli ebrei, e quando nel 1943 si rifugiò prima a Roma e poi a Firenze, trovò l’aiuto di Eugenio Montale e di altri intellettuali antifascisti.
Nel 1943 pubblicò a Lugano la raccolta Ultime Cose, e quando nel dopoguerra si trasferì a Milano, iniziò la sua decennale collaborazione con il “Corriere della Sera”.
Sono di questi anni Scorciatoie e raccontini e la Storia e cronistoria del Canzoniere.
Saba morì in una clinica a Gorizia nel 1957, e il suo romanzo Ernesto, rimasto incompiuto, venne pubblicato nel 1961.
L’opera di Saba è caratterizzata da una forma linguistica semplice, quotidiana e fortemente autobiografica.
La città di Trieste, nonostante il suo continuo spostarsi di città in città ( Firenze, Bologna, Torino, Milano, Roma, Parigi), restò sempre centrale nelle sue composizioni, come nella famosa lirica intitolata Trieste dalla sezione Trieste e una donna (1910-1912) del Canzoniere:
Trieste … Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore; come un amore con gelosia. Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via scopro, se mena all’ingombrata spiaggia, o alla collina cui, sulla sassosa cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa. Intorno circola ad ogni cosa un’aria strana, un’aria tormentosa, l’aria natia. La mia città che in ogni parte è viva, ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita pensosa e schiva. – UMBERTO SABA, Trieste, in Trieste e una donna (1910-1912) del Canzoniere –