Il piatto Veneziani in terracotta donato al Museo è un piatto pubblicitario della ditta Veneziani, le tacche colorate fungevano da campionario delle tinte della vernice prodotta dalla ditta. Il disegno della grande e colorata farfalla appoggiata sul bordo di un barattolo di vernice fu ideato dal disegnatore Pollione Sigon all’interno del gabinetto grafico della Modiano.
Gioachino Veneziani aveva acquisito a Marsiglia in gioventù l’esperienza di droghiere e una volta entrato a lavorare nella azienda del suocero, Giuseppe Moravia, che produceva grasso per carri, inventò una formula per produrre una vernice – la Vernice Moravia – che proteggesse le carene delle navi dalle alghe, molluschi e dalla ruggine.
I coniugi Olga e Gioachino Veneziani tenevano gelosamente segreta la formula chimica per la produzione della vernice, che in codice chiamavano cotta: la fase segreta della fabbricazione della vernice durante la quale potevano essere presenti solo i componenti stretti della famiglia, in un ambiente chiuso della fabbrica, lontano dalla vista degli operai. La “ricetta” segreta era composta da ingredienti, alcuni dei quali estremamente velenosi, quali: la biacca di piombo, l’ossido di alluminio, la trementina, il solfato di rame, la stearina, l’arsenico e la nafta.
Insegna metallica decorata a smalto; pubblicità della vernice sottomarina “Moravia”, prodotta dalla ditta Veneziani, 1905 [Trieste]
Cartolina della Gioachino Veneziani S.A.
La vernice era molto apprezzata dalle flotte militari di molti paesi (Italia, Austria, Gran Bretagna, Usa, Russia, Turchia, Grecia, Argentina), perché riduceva di molto il tempo tra una messa a secco e l’altra delle navi per pulirle dalle incrostazioni, operazione molto costosa. Il mantenimento della chiglia pulita garantiva, inoltre, la maggiore velocità di manovra soprattutto in tempo di guerra. La stessa vernice infatti venne venduta indifferentemente alle tre marine coinvolte nel conflitto durante la prima guerra mondiale: inglese, austro-ungarica e italiana. Nel 1887 la società Lloyd austro-ungarica utilizzava regolarmente la vernice e rilasciò un certificato che ne attestava l’eccezionale qualità.