Svevo, biciclette e automobili

Italo Svevo e la bicicletta

Il Vademecum dei ciclisti triestini
GIUSEPPE EGGER, Vademecum per i ciclisti triestini, 1898, [Trieste e Pola] – Museo Sveviano

Tra le letture curiose di Italo Svevo si trova un Vademecum dei ciclisti triestini, un libretto stampato nel 1898, opera di Giuseppe Egger, sull’arte della bicicletta, nel quale Svevo indica le sue “macchine a pedali” preferite, gli itinerari da eseguire con relativi chilometri. Italo Svevo era affascinato dai modelli di biciclette proposti nel libretto e segnò con la penna le pagine dei modelli preferiti, come ad esempio il modello Swift, come Jonathan Swift autore dei Viaggi di Gulliver. Anche la Diana 24 attrasse la sua attenzione, perchè “adattata per ogni persona, anche la più greve”, come cita il testo da lui sottolineato.

La pedalata all’aria aperta era una pratica sportiva molto alla moda agli inizi del ‘900 e tra i percorsi che Italo Svevo fantasticava di pedalare c’erano la Trieste-Servola, di 7 chilometri e mezzo, e poi anche la Trieste-Lipizza-Sesana di 36 e mezzo.

Una bicicletta o un pony per il decimo compleanno della figlia Letizia?

La figlia di Italo Svevo, Letizia, in una cartolina scritta al padre che si trovava in Inghilterra per lavoro, chiede come regalo per il suo decimo anno un pony o una bicicletta.

Nello stralcio della lettera sottostante, Svevo risponde alla figlia:

Cara Letizia,

Ho ricevuto la cara tua cartolina postale e ti ringrazio…Scrivimi cosa vuoi che ti comperi a Londra. Ho però il dolore di dirti che c’è stata una malattia fra’ piccoli cavalli inglesi e sono tutti crepati. Tutti pian­gono dal dispiacere e il Parlamento proibì di vendere quei pochi cavalli piccoli che restano. In quanto alle biciclette per bambini sono state tutte comperate pei bambini nati prima del settembre e qui in Inghilterra ce ne sono molti. Tuttavia se hai grande de­siderio di una bicicletta, correrò per tutta Londra e se ne trovo una te la faccio spedire. Scrivimi. Ti abbraccio di cuore.

Il tuo papà  
– ITALO SVEVO, a Letizia, Charlton, 13 settembre 1906 –

Svevo era molto restio a regalare alla bambina una bicicletta, perchè si preoccupava per l’incolumità della figlia e dei troppi pericoli “con le vie battute da tante automobili”, come si legge nella lettera che scrive alla moglie Livia:

Mia cara e buona Livia,

Oggi ho due lettere e domani (of course) riceverai la filata perché non ne riceverò alcuna…la storia della bicicletta e del pony mi mette in grande imbarazzo. La bi­cicletta, mi pare, era destinata al decimo anno. Ma se ha da essere mi rassegnerò temendo però di viziarla troppo. Io credo in verità che la bicicletta sia un esercizio sano ma sta a vedere se non va congiunta a troppi pericoli con le vie battute da tante automobili. Mi vengono i brividi a pensarci. Io lascerei stare e vorrei portarle qualche cosa d’altro da qui. Ma cosa? Scrivimi ancora in proposito perché per la bicicletta posso finire col fi­darmi di Tchaperoff. Costerà 4 o 5 sterline. Insomma fra il no e il si sono assolutamente indeciso e tu farai bene a dirmi una parola risolutiva e ti assicuro che, in bene o in male, avremo fatto la cosa in due. Ho dato ordine a Meggie di chiamare un fabbro per quel coso che sai.

Ti abbraccio ben ben di cuore, mia cara Livia. Per poco tanto poco che valgo, pare pure che la mia assenza ti pesi.

Tuo Ettore.
– ITALO SVEVO, a Livia, Charlton, 13 settembre 1906 –

Nella lettera successiva si legge il sollievo di Svevo nell’apprendere dalla moglie che ha convinto la bambina ad aspettare un altro anno per il regalo della bicicletta:

Sono beato di non aver da occuparmi della bicicletta di Ti­tola. Se non ci fossero quei maledetti automobili non avrei nien­te in contrario ma cosi ti sono veramente grato di avermi libe­rato di quel pensiero…Bacia Titina e dille che ho inteso con vero piacere che per la bicicletta aspetta quest’altro anno. Salutami tutti. Un abbraccio di cuore dal tuo

aff.o Ettore.
– ITALO SVEVO, a Livia, Charlton, 14 settembre 1906 –

Come non si deve guidare

Italo Svevo ha un rapporto ambivalente nei confronti dell’automobile: da un lato ne è affascinato, tanto che decide di acquistare una berlina modello Weymann, quando possedere un’automobile era privilegio di pochi. Frequenti sono le gite organizzate nei dintorni di Trieste in compagnia della moglie, o con ospiti di passaggio in città: visitò le Grotte di Postumia con Luigi Pirandello, giunto a Trieste per la rappresentazione dei Sei personaggi in cerca d’autore. 

Dell’automobile, però, ha sempre grande timore per il pericolo di incidenti. Il titolo del racconto Come non si deve guidare esprime in pieno la sua ansia, ribadita tra le righe del testo:

A quarant’anni il signor Refossi ebbe finalmente i mezzi di acquistare una macchina. Spese circa ventimila lire e, a calcoli fatti, prevedendo anche il consumo delle gomme con la sua macchina leggera avrebbe speso tanto di benzina che giornalmente avrebbe avuto un vantaggio di qualche poco in confronto alla spesa del tramway di Opicina ch’è tanto elevata…Ma quale sollievo arrivare alla via larga! Non tenere troppo la destra perchè il prossimo è tanto pazzo che poteva seguire la parte non sua e allora bisognava essere pronto di correggere con rapida decisione l’errore altrui e passare a sinistra (la parte debole, quella quasi paralizzata, forse da un errore di educazione che si poteva rimpiangere) perché qui l’errore altrui diveniva il danno proprio. Bisognava essere pronti a tutto per non uccidere e non essere uccisi. Anche il primo caso era carico di lungo dolore.
Come non si deve guidare

Svevo considera l’automobile un pericolo mortale soprattutto per gli inermi pedoni. In una lettera del 24 agosto 1908, scrive alla moglie e alla figlia in vacanza in montagna:

State molto attente quando camminate le strade maestre. Stavro in Tirolo col suo automobile ammazzò una vecchia signora.
– ITALO SVEVO, a Livia, Trieste, 24 agosto 1908 –

Nella scrittura Sveviana, l’automobile acquista una valenza più ampia: diventa pretesto per intuizioni e presentimenti che richiamano l’idea della morte come fantasma ossessivo in opposizione alla giovinezza e alla vita. Nella Prefazione al suo quarto romanzo, rimasto incompiuto scrive:

La cosa avvenne quest’anno, nell’Aprile che ci apportava uno dopo l’altro dei giorni foschi, piovosi, con brevi interruzioni sorprendenti di sprazzi di luce e anche di calore. 
Rincasavo di sera in automobile con Augusta dopo una breve gita a Capodistria. Avevo gli occhi stanchi di sole ed ero incline al riposo. Non al sonno ma all’inerzia. Mi trovavo lontano dalle cose che mi circondavano e che tuttavia lasciavo arrivare a me perché nulla le sostituiva: Andavano via prive di senso. S’erano fatte anche molto sbiadite dopo il tramonto, tanto più che oramai i verdi campi erano stati sostituiti dalle grigie case e le squallide vie, tanto conosciute che arrivavano previste, e guardarle era poco meno che dormire.

In piazza Goldoni fummo fermati dal vigile e mi destai. Vidi allora avanzarsi verso di noi e, per evitare altri veicoli, accostarsi al nostro fino a rasentarlo, una fanciulla giovanissima vestita di bianco con nastrini verdi al collo e striscie verdi anche sulla leggera mantellina aperta, che in parte copriva il suo vestito pur esso di un bianco candido interrotto come sulla mantellina da lievi tratti di quel verde luminoso. Tutta la figurina era una vigorosa affermazione della stagione. La bella fanciulla! L’evidente pericolo in cui si trovava la faceva sorridere mentre i suoi grandi occhi neri spalancati guardavano e misuravano.
– Prefazione, del Quarto romanzo 1929 ca. – 

Quasi per tragica ironia, sarà proprio per i postumi di un incidente automobilistico, durante il viaggio di ritorno dalle vacanze a Bormio, la causa della morte di Svevo il 23 settembre del 1928.