Il violino

Il violino è lo strumento su cui Svevo per molti anni ama esercitarsi. Dopo l’insuccesso di Senilità nel 1898, lo scrittore dichiara di aver chiuso con la scrittura e accetta l’impiego presso la ditta dei suoceri, la Ditta Veneziani. Nel 1901 inizia a suonare il violino, che lo accompagna nei suoi faticosi viaggi di lavoro in Inghilterra, in Francia, a Murano. Dedica tutte le ore libere al violino per evitare di cadere nella tentazione di scrivere.

Viaggiavo sempre col mio violino e quando sbarcavo a Londra mi guardavano con rispetto alla stazione: Albert-Hall, Whigmore-Hall o Queens-Hall? Invece l’automobile mi portava nel più lontano e fosco dei sobborghi ove andavo a deliziare i vicini coi miei colpi d’arco….- 
Soggiorno londinese, 1926 –

Nelle lettere, quasi quotidiane, che invia alla moglie, la tiene sempre informata sul tempo o no che ha a disposizione per esercitarsi con il violino. Svevo si rapporta allo strumento come fosse una persona, il suo inseparabile compagno di viaggio, sul quale scaricare le proprie frustrazioni quando il lavoro è troppo pesante da non lasciargli tempo di respirare. Spesso per giornate intere non riesce a suonare e se ne rammarica.

Vero è che il rude lavoro cui accudisco mi fa sentire tal­volta il desiderio di rientrare in me stesso o con una lettura che non m’interessa affatto o con uno studio di violino in cui lavorano le sole dita. Devi ricordare quanti anni io dedicai a tale dolce abitudine e come mi sia ora tanto spesso del tutto in­terdetta.
– ITALO SVEVO, a Livia, Charlton, 5 dicembre 1903 –

Il violino non l’ho toccato ancora, meno un giorno. Non valeva la pena di farlo viaggiare traverso l’Europa se ha da continuare cosi.
– ITALO SVEVO, a Livia, Charlton, 31 marzo 1906 –

Il violino diventa la sua unica forma di distrazione nei momenti di noia e solitudine lontano da casa e dalla famiglia:

Figurati! Ho lavorato questi due giorni come una bestia per arrivare a vuotare domani la merce che deve partire sabato. Domani, dunque, giorno di gran vuotamento, avrei avuto qualche quarto d’ora di tempo da grattare. Vengo su questa mane a provare il violino. Lo inforco e se ne commuove tanto che qualche cosa in lui si mette sinistramente a digrigna­re. Arrivo a tempo di levarmelo di dosso e gli scoppia la corda che poggia di solito sulla mia carotide. Andò in sfacelo! Restai molto male! 
– ITALO SVEVO, a Livia, Murano, 8 luglio 1903 –

Oggi proprio non so cosa scriverti. Il tempo s’è messo al bello nel pomeriggio e non pare vero. Io ho troppo pochi operai e stuono allegramente il violino interpolando ad ogni tratto una sigaretta per alleviarmi la noia che è grande.
– ITALO SVEVO, a Livia, Murano, 23 febbraio 1905 –

Di mattina penso di movermi altrimenti faccio troppo violino e batto i denti dai nervi. Già quel violino sarebbe ora di mandarlo in pezzi. Credo sia causa sua che fumo tanto.
– ITALO SVEVO, a Livia, Murano, 30 aprile 1913 –

La “Crazzola”

Svevo si lamenta di continuo di non riuscire a suonare bene, ma di grattare furiosamente sullo strumento in modo aritmico, tanto che lo chiama la cràzzola, la  – grattugia – in dialetto triestino.

Scrive alla moglie:

Da Trieste, 10.10.1907
Oggi sono stato molto in fab­brica ma ho tuttavia tirato fuori la cràzzola. Non puoi avere un’idea come Lord è stato disgustato dal suono del violino. Bisogna che ci si abitui; io porto la civiltà dove vado.
– ITALO SVEVO, a Livia, Trieste, 10 ottobre 1907 –

Dalle persone che iniziano lo studio del violino prima dei 40 anni l’arco diventa una prolungazione del braccio, da me restò una cosa malamente appiccicata. E per spiegare il risultato misero ch’io ottenni dai miei sforzi non basta pensare alla tarda età. Quegli esercizii se hanno da dare un risultato devono essere fatti sotto una sorveglianza sempre attenta di chi li fa o del maestro che li dirige. Ma da me la mente era altrove. Percorrevo ogni giorno dei chilometri di strada col mio arco ma l’arco non è come l’automobile che quando c’è un disastro tutti se ne accorgono. Io procedevo oltre come se nulla fosse avvenuto e ogni qualvolta passavo per la stessa via allo stesso punto mi ribaltavo per procedere oltre apparentemente incolume. Grattavo, stonavo ma la salute restava intera.
Soggiorno londinese, 1926 –

Il testamento

Nel suo testamento Svevo lascia il violino in eredità nipote Ortensia Schmitz, figlia del fratello Ottavio. Ortensia diventa una violinista professionista.

TESTAMENTO [1921]
Trieste 14 Agosto 1921
A Ortensia Schmitz di Ottavio il mio violino che fu di mio fratello Elio, con la cassetta di Hill.