Svevo e Joyce

Italo Svevo e James Joyce
Italo Svevo e James Joyce

Nella Conferenza al circolo milanese «Il Convegno» l’8 marzo 1927 su James Joyce, Svevo definisce l’amico: il “mercante di gerundi”, un appellativo che usava per definire le traversie economiche e di vita che lo scrittore irlandese aveva vissuto a Trieste con la sua famiglia:

La vita del Joyce a Trieste nelle sue esteriorità è presto detta: Lotta generosa per la vita dei suoi. Complessa l’interiore ma ormai chiara: L’elaborazione della sua infanzia e adolescenza. Un pezzo d’Irlanda che si maturava al nostro sole.
Nella lotta pagava di persona. Si capisce che non è una vita facile quella di mercante di gerundi.
Conferenza su James Joyce, 1927

Svevo conobbe Joyce nel 1907, quando divenne suo allievo d’inglese. Joyce si recava tre volte alla settimana a Servola a villa Veneziani, dove teneva lezioni a Svevo e alla moglie Livia.

Intorno al 1906 egli sentì il bisogno per i suoi affari di perfezionarsi nella lingua inglese. Prese perciò alcune lezioni dal professore più noto che ci fosse a Trieste: James Joyce. James Joyce già allora si trovava in condizioni letterarie un po’ (ma non molto) migliori di quelle dello Svevo. Molto migliori in quanto a stato d’animo: il Joyce si sentiva in pieno rigoglioso sviluppo mentre lo Svevo s’accaniva ad impedire il proprio. Era persino riluttante a parlare del proprio passato letterario ed il Joyce dovette insistere perché gli fossero consegnati per la lettura i due vecchi romanzi. Una Vita gli piacque meno. Invece ebbe subito un grande affetto per Senilità di cui ancora oggidì sa qualche pagina a memoria.
Profilo autobiografico, 1929 –

In un compito di inglese a lui assegnato, Svevo descrive così il suo insegnante con affetto e ammirazione:

Io so che la vita non è stata per lui una madre amorevole. Avrebbe potuto esser peggiore e ciò nonostante il signor James Joyce avrebbe conservato la sua aria di persona che considera le cose come punti che rompono la luce per divertirlo. Porta gli occhiali e li adopera davvero senza interruzione dalla mattina presto fino alla sera tarda, quando si sveglia. Può darsi che riesca a vedere meno di quanto lasci supporre il suo aspetto, ma appare come un essere che si muove per poter vedere.

Il loro rapporto non si limitò a quello di insegnante e allievo, andò oltre, fu un confronto fruttuoso tra due intellettuali che avevano in comune un tenace amore per la scrittura e un notevole senso dell’ironia.
Una sera Joyce lesse ad alta voce a Livia e a Svevo il suo racconto di chiusura dei Dubliners (Gente di Dublino), The Dead (I morti), tanto che i due coniugi ne rimasero profondamente commossi. Fu allora che Svevo, fattosi coraggio, consegnò a Joyce, affinché li leggesse, i suoi due primi romanzi, Una vita e Senilità, e rimase piacevolmente meravigliato quando Joyce lo definì un grande scrittore negletto.